Cure Palliative e Medicina del Dolore

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Terapia del dolore •••

La malattia dolore, il dolore come malattia

Il dolore è l’agonia di un istante, l’indulgere nel dolore è l’errore di una vita. (Benjamin Disraeli) Il dolore è una malattia, e non l’obbligatoria conseguenza di interventi chirurgici, procedure diagnostiche, parti, eventi morbosi acuti o cronici. Galeno definiva il dolore non come sintomo di un male, ma di per sé, già malattia. La sofferenza, nei casi di cronicità, diventa una vera e propria sindrome, che interferisce con gli aspetti pratici e psicologici della vita quotidiana.

Il dolore può e deve essere curato; è un obbligo etico e morale per il personale sanitario saper rilevare il dolore e saper trovare gli strumenti adatti ad alleviare la sofferenza. Le patologie che possono causare dolore cronico sono molteplici, sia benigne, che colpiscono circa il 30 % della popolazione italiana e che nel 75% dei casi sono causate da patologie muscolo-scheletriche; sia maligne o di tipo oncologico, per le quali alcuni studi riportano che fino al 96% dei pazienti presentano dolore. In entrambi i casi, quindi, una corretta valutazione dell’intensità del dolore e del suo monitoraggio nel tempo, assieme ad un attento ascolto non solo della storia clinica, ma anche emozionale del paziente, è indispensabile, ma non sempre ciò accade.

Sempre più spesso, il controllo del dolore è delegato e gestito dal paziente stesso e dai suoi familiari in modo inappropriato mediante l’abuso di antiinfiammatori, non essendo adeguatamente informato dal personale medico delle cure farmacologiche possibili e dei trattamenti mini-invasivi di cui oggi la medicina del dolore dispone. Il paziente oggi, ha però un valido strumento che tutela il suo diritto alla cura del dolore, la Legge n.38/2010 che cita nel suo primo articolo: “La presente legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore.” Tutti i cittadini, in età adulta o pediatrica, hanno il diritto di poter curare il dolore e tutti i sanitari hanno il dovere di adoperarsi al meglio per non sottovalutare un problema che raggiunge ogni giorno dimensioni sempre più elevate.

Applicazioni e farmaci utilizzati


La terapia del dolore è spesso utilizzata soprattutto durante le ultime fasi di una malattia terminale ma, in realtà, la maggior parte dei pazienti a cui l’algologia può essere utile e si dovrebbe indirizzare sono affetti da dolore cronico (ad esempio: mal di schiena, cefalee, esiti di traumi o di interventi chirurgici, malattie neurologiche) e, in un minor numero di casi, da tumori.

Una comune credenza riguardo ai farmaci oppiacei vuole che si renda necessario:

– un aumento dei dosaggi di farmaci oppiacei, la cosiddetta tolleranza
– la necessità di continuare l’assunzione del farmaco oppiaceo (la causa per cui viene assunto il farmaco, ovvero il dolore sia scomparso) per via della dipendenza fisica e psichica.

Pur essendo fenomeni noti e studiati, sono, nella comune esperienza clinica, effetti che si realizzano dopo molto tempo (normalmente svariati mesi) e soprattutto con una intensità bassa.

Nella pratica clinica, nei pazienti affetti da dolore, sono fenomeni comunemente trascurabili.
Qualsiasi testo di algologia riporta che la tolleranza e la dipendenza da oppiacei è molto limitata.

La famosa necessità di aumentare le dosi (nel setting della terapia del dolore con oppiacei) è un fenomeno clinicamente falso.
Altrettanto difficile, anche se non impossibile, è provocare la morte per sovradosaggio da farmaci oppiacei, nel caso di un’assunzione accidentale eccessiva.
La finestra terapeutica per gli oppiacei, per lo meno negli adulti, è ben più ampia di molti farmaci usati normalmente nelle terapie (ad esempio gli antiaritmici) e i farmaci cardiocinetici. Il (+)-Naloxone si è rivelato un oppiode antagonista promettente che, bloccando i legami fra oppiacei e proteina TLR4 nel cervello, lascia inalterato il potere analgesico, ma senza i principali effetti collaterali di tolleranza, dipendenza fino alla depressione respiratoria. Il ddl Turco (n. 2243/2007, approvato all’unanimità il 13.12.2007) consente ai medici di base di prescrivere oppiacei e cannabinoidi con il normale ricettario del SSN, anche al di fuori delle patologie oncologiche.

Fra i farmaci utilizzati nella terapia del dolore: aspirina, acetaminofene o i FANS per il dolore lieve; codeina o l’ossicodone per il dolore moderato; la morfina o l’idromorfone (5 volte più potente della morfina) per il dolore grave, dermorfina (30 volte più potente della morfina), opiorfina; meperidina, fentanile. In particolare, in ospedale, la morfina viene spesso somministrata per via endovenosa ai pazienti tramite dei Patient-Controlled Analgesia (PCA), distributori con sensore, pompa e computer, grazie ai quali il medico scrive un programma che contiene la dose massima per somministrazione e giornaliera, orari e intervallo minimo tra le somministrazioni, ecc., e poi il paziente da solo regola la quantità di analgesico quando avverte dolore, senza l’assistenza degli infermieri.

Conosciamo il dolore


La IASP (International Association for the Study of Pain – 1986) definisce il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno. E’ un’esperienza individuale e soggettiva, a cui convergono componenti puramente sensoriali (nocicezione) relative al trasferimento dello stimolo doloroso dalla periferia alle strutture centrali, e componenti esperenziali e affettive, che modulano in maniera importante quanto percepito”.

Descrivere il dolore in tutte le sue molteplici sfaccettature fisiologiche, psicologiche e affettive è molto complesso, perché il dolore è un’emozione, e in quanto tale viene vissuta in maniera differente tra individuo e individuo. Il dolore può essere classificato da un punto di vista clinico come: Dolore Acuto, cioè un dolore con chiaro rapporto causa-effetto (come il dolore post-chirurgico o il dolore da trauma), di solito di breve durata: rimossa la causa, si ottiene la scomparsa del dolore; Dolore Cronico, cioè un dolore che persiste oltre il normale tempo di guarigione della lesione che lo ha provocato, di solito oltre 6 mesi, sostenuto da modificazioni a livello del sistema nervoso centrale, che facilita l’elaborazione degli stimoli in emozione dolore. Dolore Episodico Intenso (DEI),chiamato anche Breakthrough pain (BKP), rappresenta un evento molto frequente nel paziente oncologico; pertanto richiede un adeguato trattamento con dosi extra di analgesici oltre alla terapia di base stabilita. E’ caratterizzato da episodi (frequenza da 1 a 3 al giorno) di elevata intensità e durata variabile di 20-30 minuti. Da un punto di vista patogenetico il dolore può essere classificato in: Nocicettivo, causato dalla stimolazione delle terminazioni nervose (nocicettori); Neuropatico, causato da un danno o da una disfunzione del sistema nervoso periferico o centrale che provoca stimolazioni nervose croniche che esitano in alterazioni della risposta neuronale, provocando dolore; Misto, che presenta entrambe le componenti. Il Dolore inoltre, si definisce in base alla sua intensità, valutata con la scala NRS: LIEVE da 0 a 3 ; MODERATO da 4 a 6; SEVERO da 7 a 10 .

 

Perchè misurare il dolore?

La misura del dolore è uno strumento attraverso il quale l’operatore sanitario evidenzia e quantifica il dolore del paziente, attraverso un codice comune basato sull’auto-valutazione del paziente stesso. Questa misura darà un valore indicativo non solo del dolore al momento del colloquio, ma darà anche la misura dell’andamento del dolore nel tempo.

Come si misura il dolore?


Numerose sono le scale di valutazione del dolore utilizzate in ambito clinico.
Per cui risulta essenziale attuare una scheda che tenga conto delle esigenze operative e delle finalità della rilevazione.
In considerazione di tali esigenze e delle indicazioni presenti in letteratura sulle caratteristiche metriche delle diverse scale, il Ministero della Salute e le Società Scientifiche di Terapia del Dolore hanno ritenuto opportuno suggerire l’utilizzo di due scale per la misurazione dell’ intensità del dolore:

Scala NRS
Da 0 a 10 punti (dove 10 è il massimo dolore immaginabile) per pazienti di età superiore ad 8 anni.

Scala di Bieri
Per il bambino dai 4 ai 7 anni.

Per garantire la validità della misurazione bisogna fornire chiare istruzioni al paziente, accertandosi di essere stati compresi, ed evitare di influenzare la risposta del paziente.

La Legge n.38/2010: Ospedale senza Dolore.

Art.1 : “La presente legge tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore.” Un’importante passo per la garanzia di accesso alle cure palliative ed alla terapia del dolore da parte del malato, nell’ambito dei livelli essenziali di assistenza regionale.

I punti principali riguardano:
(fonte: www.salute.gov.it)

– rilevazione del dolore nella cartella clinica;
– reti nazionali per le cure palliative e la terapia del dolore;
– Semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore;
– Formazione del personale medico e sanitario.

Il documento stabilisce anche i requisiti minimi e le modalità organizzative necessarie per l’accreditamento delle strutture e delle attività per le tre reti assistenziali previste (cure palliative, terapia del dolore e paziente pediatrico).
Inoltre il Ministero della Salute si impegna a promuovere campagne di informazione per aggiornare la popolazione sulle modalità di accesso alle suddette strutture e ai programmi ad esse correlati.

Perchè misurare il dolore?


La misura del dolore è uno strumento attraverso il quale l’operatore sanitario evidenzia e quantifica il dolore del paziente, attraverso un codice comune basato sull’auto-valutazione del paziente stesso. Questa misura darà un valore indicativo non solo del dolore al momento del colloquio, ma darà anche la misura dell’andamento del dolore nel tempo.